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  • Il puzzle della mobilità nazionale al 2030

    Quando si parla di mobilità sostenibile in Italia deve essere tracciato un quadro di riferimento nel quale si deve tener conto di alcuni obiettivi, indicati dalla Proposta di Piano Nazionale Energia-Clima (Pnec) presentata di recente a Bruxelles e che sono:

    • sviluppo della mobilità ciclistica tramite piste ciclabili;
    • promozione della mobilità condivisa (bike, car e moto sharing a basse o zero emissioni); integrazione tra i servizi di mobilità sostenibile (strutture di sosta per i velocipedi o servizi di car e bike sharing in prossimità delle fermate del trasporto pubblico) e parcheggi di interscambio;
    • promozione degli strumenti di smart working;
    • promozione del car pooling;
    • sviluppo dell’Its (gestione traffico, infomobilità);
    • implementazione dei Pums;
    • potenziamento del trasporto collettivo extra-urbano.

    L’insieme di queste misure porterà a ridurre di alcuni milioni il numero di automobili circolanti nel nostro Paese. Per il solo car sharing, uno studio (AlixPartners, Global shared mobility survey, gennaio 2018) ha calcolato che in Italia il 61% di chi lo utilizza ha rinviato o evitato l’acquisto di un’auto nuova, in linea con i numeri del resto d’Europa.

     

    La stessa Unione Petrolifera prevede che nel 2030 saranno in circolazione soltanto 34 milioni di unità (Unione Petrolifera, Previsioni di domanda energetica e petrolifera in Italia – 2018-2030).

     

    Secondo il Position paper “Il Piano Nazionale Energia e Clima – le proposte del Coordinamento Free”, il passaggio intorno ai 30 milioni dai circa 37 milioni attuali di vetture è quindi un obiettivo realistico.

     

    Inoltre ci sono elementi che rendono realistica una strategia che, per auto, mezzi a due ruote, autobus urbani, veicoli per il trasporto leggero, preveda misure volte a favorire la sostituzione dell’attuale parco circolante con mezzi a trazione elettrica o ibrida plug-in, con i primi destinati a prevalere sul lungo termine.

     

    Ecco alcuni di questi fattori: gli investimenti in atto o annunciati da parte delle principali industrie automotive, le politiche concordate a livello europeo (le emissioni di CO2 di auto nuove dovranno ridursi del 37,5% dal 2020 al 2030, con un obiettivo intermedio del 15% al 2025, per furgoni e pulmini il taglio per il 2025 è lo stesso, mentre è fissato al 31% entro il 2030; possibilità di attivare incentivi per la produzione di veicoli a basse emissioni e a emissioni zero), i limiti alla circolazione dei veicoli più inquinanti, in particolari diesel, già decisi o programmati in diversi paesi europei, le misure del governo di Pechino a favore della mobilità elettrica che, per le dimensioni attuali del mercato cinese dell’auto e per l’elevato tasso di crescita della produzione (28 milioni di veicoli nel 2018), funge da driver degli orientamenti in altre parti del globo, lo sviluppo delle batterie che, per tasso di innovazione, crescita delle prestazioni, calo dei costi, nel prossimo decennio renderà competitiva la propulsione elettrica, tranne che per il trasporto pesante su strada e marittimo,

     

    Futuro rinnovabile

     

    Oltretutto, tenuto conto che nel 2030 le Fer elettriche rappresenteranno il 55-60% della produzione nazionale, l’attuazione di questa strategia consente una loro elevata partecipazione ai consumi nel trasporto, con emissioni nulle allo scarico di ossido di carbonio, ossidi di azoto, particolato, composti organici volatili.

     

    Ovviamente, in una prima fase alla sostituzione dell’attuale parco circolante concorreranno anche i veicoli ibridi, principalmente a benzina, e in misura ridotta altri combustibili alternativi.

     

    Viceversa, per il trasporto pesante e marittimo, dove nel prossimo decennio la sostituzione totale dei derivati del petrolio nel singolo mezzo di trasporto è realisticamente fattibile solo ricorrendo al Gnl, questo compito può essere svolto dal biometano, incrementando notevolmente la partecipazione delle Fer ai consumi nel trasporto.

     

    All’interno di questa strategia gli altri biocarburanti sostenibili, quando drop in, potranno concorrere anche alla sostituzione integrale dei carburanti tradizionali; altrimenti per i veicoli con motore a combustione interna verranno miscelati ai carburanti tradizionali nelle opportune percentuali.

     

    L’auto elettrica

     

    Secondo il Position paper, altri fattori che determineranno l’effettiva consistenza del parco di veicoli elettrici al 2030, sono l’obsolescenza del parco nazionale, le prestazioni (autonomia) dei veicoli e lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica pubblica e privata.

     

    Per il mercato auto, gli obiettivi al 2030 sono stati valutati sulla base di due ipotesi:

    • fino al 2024 i Bev (Battery Electric Vehicle) e Phev (Plug-in Hybrid Electric Vehicle) non saranno ancora del tutto competitivi con i veicoli con motore a combustione interna;
    • lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica sarà molto graduale.

    Assumendo che in Italia siano rese permanenti le disposizioni contenute nella manovra finanziaria 2019 (6mila euro per auto full electric), con riduzioni graduali nel tempo dell’incentivo, diventa realistico un rapido incremento della crescita, fino a raggiungere in quattro-cinque anni le stesse quote (1-3%) dei Paesi in cui vi sono incentivazioni.

     

    Con questa ipotesi (quota di mercato crescente dall’1% al 3% nel periodo 2019-2023), il circolante di auto Bev+Phev (oggi circa 22mila unità) si porterebbe a fine 2024 a circa 190.000 unità.

     

    Dal 2024 il costo dei veicoli, e a maggior ragione il Tco, dovrebbero essere competitivi con o inferiori a quelli dei veicoli con motore a combustione interna, per cui soprattutto i Bev potranno assorbire, sulla base dei normali meccanismi di mercato, una quota importante del mercato auto.

     

    Su tali basi, alla presenza di un’offerta così forte, se accompagnata dal contemporaneo rafforzamento dell’infrastruttura di ricarica pubblica e di quella, non meno importante, domestica/aziendale, a partire dal 2024 la quota di mercato diventerebbe una frazione più rilevante delle nuove immatricolazioni annue di autovetture (oggi 2 milioni, che nel 2030 dovrebbe scendere a 1,5 milioni).

     

    Di conseguenza, assumendo una diffusione con crescita lineare dal 3% del 2023 fino al 50% nel 2030, si raggiungerebbe un circolante di circa 3,5 milioni di auto (12% del parco auto 2030), per il 40% Phev e per il 60% Bev. Il rimanente 50% di nuove auto immatricolate nel 2030 in prevalenza sarà costituito da auto ibride e tradizionali, allineate ai nuovi vincoli europei per le emissioni locali e climalteranti.

     

    I veicoli full electric in circolazione nel 2030 sarebbero quindi circa 2,1 milioni, più dell’1,6 previsto dal Pnec malgrado quest’ultimo abbia un target complessivo più elevato: 6 milioni di vetture. Questo, perché la percentuale di Bev (27% del totale) nel Pnec è molto bassa, mentre le proiezioni nazionali e internazionali al 2030 prevedono sistematicamente una percentuale di vetture full electric superiore al 50%.

     

    Proiezioni che si basano su una considerazione ovvia: non appena le Bev diventeranno competitive (presumibilmente tra il 2023 e il 2025), le ibride plug-in – più costose – perderanno rapidamente quote di mercato.